Contratti a termine per attività stagionali: il punto

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La complessa regolamentazione del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, specie dopo le modifiche che il cd. decreto dignità ha introdotto nel decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, vede ancor oggi sussistere non poche “facilitazioni” per quanto concerne i rapporti “stagionali”. Ecco quindi il punto sulle disposizioni particolari che li disciplinano.

Nozione di “stagionalità”

Per individuare le attività “stagionali” dobbiamo far riferimento all’articolo 21, co. 2, del D.Lgs. n. 81/2015; la norma citata dispone che sono “attività stagionali” quelle individuate:

  1. con apposito decreto del Ministero del lavoro: poiché tale decreto non è ancora stato emanato e quindi, fino alla sua adozione continuano ad applicarsi le disposizioni del DPR 7 ottobre 1963, n. 1525 (tale DPR, per esempio, menziona: la raccolta e spremitura delle olive; la produzione del vino comune: raccolta, trasporto, pigiatura dell’uva, torchiatura delle vinacce, cottura del mosto, travasamento del vino; fiere ed esposizioni; attività del personale assunto direttamente per corsi di insegnamento professionale di breve durata e soltanto per lo svolgimento di detti corsi, eccetera);
  2. dai contratti collettivi: va evidenziato che, ai sensi dell’articolo 51 del medesimo D.Lgs. n. 81/2015, salvo diversa previsione, per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria (è quindi possibile che un’attività sia definita “stagionale” da parte del contratto collettivo aziendale).

L’art. 11, co. 2-bis, del D.L. 3 settembre 2019, n. 101, introdotto dalla legge di conversione 2 novembre 2019, n. 128, dispone che, per contenere lo spopolamento delle aree di montagna, sostenendone l’economia e incrementando l’offerta di lavoro, all’elenco delle attività stagionali di cui al DPR 7 ottobre 1963, n. 1525, per le quali è prevista l’esenzione dall’obbligo del versamento del contributo addizionale di cui all’art. 2, co. 29, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92, è aggiunta l’attività del personale addetto agli impianti di trasporto a fune destinati ad attività sportive in località sciistiche e montane e alla gestione delle piste da sci.

Forma del contratto

L’articolo 19, co. 4, del D.Lgs. n. 81/2015, dispone che, con l’eccezione dei rapporti di durata non superiore a 12 giorni, l’apposizione del termine al contratto è priva di effetto se non risulta da atto scritto, una copia del quale deve essere consegnata dal datore al lavoratore entro 5 giorni lavorativi dall’inizio della prestazione. L’articolo 24, co. 4, precisa che il diritto di precedenza deve essere espressamente richiamato nel contratto di lavoro. Il contratto deve essere firmato da entrambe le parti prima dell’effettivo inizio dell’attività lavorativa.

Durata massima dei contratti a termine

L’articolo 19, co. 2, del D.Lgs. n. 81/2015, dispone che – fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi, e con l’eccezione delle attività stagionali di cui all’articolo 21, co. 2 – la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore e lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro, non può superare i 24 mesi. Ai fini del computo di tale periodo si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi a oggetto mansioni di pari livello e categoria legale, svolti tra i medesimi soggetti, nell’ambito di somministrazioni a tempo determinato. Qualora il limite dei 24 mesi sia superato, per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti, il contratto si trasforma a tempo indeterminato dalla data di tale superamento.

Quindi, se l’attività lavorativa da svolgere è di tipo stagionale, il limite complessivo di durata di 24 mesi in tutto, non si applica. Così, solo per fare un esempio, se si tratta della raccolta delle olive (n. 4 della tabella allegata al DPR n. 1525/1963) o di un’attività definita stagionale dal contratto collettivo, è possibile assumere a termine il medesimo lavoratore 2 mesi l’anno per 40 anni consecutivi.

Proroghe

L’art. 21, co. 01, stabilisce che il contratto può essere prorogato liberamente nei primi 12 mesi e, successivamente, solo in presenza delle condizioni di cui all’articolo 19, co. 1 (esigenze: temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività; di sostituzione di altri lavoratori; connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria). Attenzione però: i contratti per attività stagionali – ossia quelle previste dal DPR n. 1525/1963 e quelle individuate dai contratti collettivi – possono essere prorogati anche in assenza delle condizioni appena sopra citate. Il successivo co. 1, dispone che il termine del contratto può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la sua durata iniziale è inferiore a 24 mesi, e, comunque, per un massimo di 4 volte nell’arco di 24 mesi a prescindere dal numero dei contratti. Se il numero delle proroghe è superiore, il contratto si trasforma a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della 5a proroga (la norma non fa eccezione per i contratti stagionali quanto al numero di proroghe ammesse).

Rinnovi

Ancora l’articolo 21, co. 1, dispone che il contratto (di norma) può essere rinnovato – ossia è possibile procedere a una nuova assunzione a termine del medesimo lavoratore – solo a fronte delle condizioni di cui all’articolo 19, co. 1 (le “famose” esigenze); tuttavia la stessa norma precisa che i contratti per attività stagionali, e quindi quelli che riguardano lo svolgimento delle attività previste dai contratti collettivi o dal DPR n. 1525/1963, possono essere rinnovati anche in assenza delle condizioni di cui sopra.

Un’altra importante eccezione riguarda le cd. pause intermedie tra due successivi contratti a termine (10 o 20 giorni, in relazione alla durata del rapporto a termine che viene a scadere) che – parimenti – non si applicano ai rapporti conclusi per lo svolgimento di attività stagionali.

Limiti numerici

L’articolo 23, co. 1, del D.Lgs. n. 81/2015 stabilisce che, salvo diversa previsione dei contratti collettivi non possono essere assunti lavoratori a termine in misura superiore al 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione, con un arrotondamento del decimale all’unità superiore se esso è uguale o superiore a 0,5. Nel caso di inizio dell’attività in corso d’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione. Per i datori che hanno fino a 5 dipendenti è sempre possibile stipulare 1 contratto di lavoro a tempo determinato.

Il successivo co. 2, lettera c), tuttavia precisa che sono esenti dal limite di cui appena sopra, nonché da eventuali limitazioni quantitative previste da contratti collettivi, i contratti a tempo determinato conclusi per lo svolgimento delle attività stagionali (sia quelle previste dal contratto che quelle individuate dal DPR n. 1525/1963).

A cura di Alberto Bosco – Esperto di diritto del lavoro, Giuslavorista, Pubblicista de Il Sole24Ore. Consulente aziendale e formatore.


Fonte: Sistemiamo l’Italia

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