Corona Virus: le misure del D.L. 2 marzo 2020, n. 9

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Cassa integrazione ordinaria e assegno ordinario

L’art. 13 del D.L. n. 9/2020 dispone che i datori che presentano domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale o di assegno ordinario, per sospensione o riduzione dell’attività, per unità produttive site nei comuni individuati nell’allegato 1 al DPCM 1 marzo 2020, a seguito dell’emergenza epidemiologica, sono dispensati dall’osservare l’art. 14 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148 (comunicazione al sindacato ed esame congiunto) e i termini previsti dagli articoli 15, co. 2, e 30, co. 2, di tale D.Lgs., nonché, per l’assegno ordinario, dall’obbligo di accordo, ove previsto. Le stesse condizioni valgono per le domande presentate da datori per unità produttive al di fuori dei comuni interessati, per i lavoratori residenti o domiciliati in tali comuni e impossibilitati a prestare la propria attività lavorativa.

Comuni interessati ai sensi dell’allegato 1 al DPCM 1 marzo 2020.

Regione Lombardia: Bertonico; Casalpusterlengo; Castelgerundo; Castiglione D’Adda; Codogno; Fombio; Maleo; San Fiorano; Somaglia; Terranova dei Passerini.

Regione Veneto: Vò.

La domanda va presentata entro la fine del 4° mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o riduzione dell’attività, che non può essere superiore a 3 mesi.

I periodi di CIGO e assegno ordinario, solo per il loro riconoscimento, non sono conteggiati ai fini delle durate massime complessive previste dall’articolo 4, co. 1 e 2, del D.Lgs. n. 148/2015 (24 o 30 mesi, a seconda dei casi), e dei limiti previsti dagli articoli 12 (massimo 52 settimane), 29, co. 3 e 4, 30, co. 1, e 39 del medesimo D.Lgs.

L’assegno ordinario è concesso anche ai dipendenti di datori iscritti al Fondo di integrazione salariale (FIS) che occupano mediamente più di 5 dipendenti: a esso non si applica il tetto aziendale ex art. 29, co. 4, 2° periodo, del D.Lgs. n. 148/2015 (il quale dispone che tali prestazioni sono determinate in misura non superiore a 10 volte l’ammontare dei contributi ordinari dovuti dal datore).

I lavoratori destinatari delle norme di cui sopra devono risultare alle dipendenze dei datori richiedenti la prestazione al 23 febbraio 2020. Infine, l’Inps monitora i limiti di spesa previsti per la CIGO e per l’assegno ordinario: se emerge che è stato raggiunto anche in via prospettica il limite di spesa, l’Istituto non prende in considerazione ulteriori domande.

CIGO per le aziende che sono già in CIGS

L’art. 14 del D.L. dispone che le aziende site nei comuni individuati nell’allegato n. 1 al DPCM 1 marzo 2020 che, al 23 febbraio 2020, hanno in corso un trattamento di CIGS, previa adozione da parte del Ministero del lavoro di un decreto di interruzione dei suoi effetti, possono chiedere il trattamento ordinario di integrazione salariale ai sensi dell’art. 13: esso è riconosciuto nel limite massimo di spesa di 900.000 euro per il 2020 e per un periodo fino a 3 mesi. La concessione della CIGO è subordinata all’interruzione degli effetti della concessione della CIGS già autorizzata. L’Inps monitora il limite di spesa di 900.000 euro: se esso viene raggiunto anche in via prospettica, l’Istituto non considera ulteriori domande.

Cassa integrazione in deroga

L’art. 15 del D.L. 2 marzo 2020, n. 9 dispone che i datori privati, compresi quelli agricoli, con unità produttive nei comuni di Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini e Vò, nonché i datori che non hanno sede legale o unità produttiva od operativa in detti comuni, solo per i lavoratori in forza residenti o domiciliati in tali comuni, per i quali non si applicano le tutele previste dalle norme in materia di sospensione o riduzione di orario in costanza di rapporto di lavoro, possono presentare domanda di cassa integrazione salariale in deroga, per la durata della sospensione del rapporto di lavoro e comunque per un periodo massimo di 3 mesi dal 23 febbraio 2020 (ai lavoratori è assicurata la contribuzione figurativa e i relativi oneri accessori). La norma non si applica ai datori di lavoro domestico.

Tale trattamento è riconosciuto nel limite massimo di spesa di 7,3 milioni di euro per il 2020 e solo per i dipendenti in forza alla data del 23 febbraio 2020. Esso è concesso con decreto delle regioni interessate, da trasmettere all’Inps in modalità telematica entro 48 ore dall’adozione. La ripartizione delle risorse totali tra le regioni interessate, ai fini del rispetto del limite di spesa, è disciplinata con decreto del Ministero del lavoro. Le regioni, insieme al decreto di concessione, inviano la lista dei beneficiari all’Inps, che eroga le prestazioni. Le domande sono presentate alla regione, che le istruisce secondo il loro ordine cronologico di presentazione. L’Inps monitora il rispetto del limite di spesa, informando il Ministero del lavoro e le regioni interessate: in caso di raggiungimento del limite di spesa, le regioni non possono emettere altri provvedimenti concessori.

Infine, la CIGD può essere concessa solo con la modalità di pagamento diretto da parte dell’Inps, applicando l’art. 44, co. 6-ter, del D.Lgs. n. 148/2015, il quale dispone che il datore deve inviare all’Inps i dati necessari per il pagamento dell’integrazione, con le modalità stabilite dall’Istituto, nel termine previsto dal co. 6-bis per il conguaglio o la richiesta di rimborso, ossia entro 6 mesi dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata della concessione o dalla data del provvedimento di concessione se successivo. Trascorso inutilmente il termine, il pagamento della prestazione e gli oneri connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.

Cassa integrazione in deroga per Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna

L’art. 17 dispone che, al di fuori dei casi di cui all’art. 15, le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna con riferimento ai datori del settore privato, compreso quello agricolo ma con l’eccezione dei datori di lavoro domestico:

  1. con unità produttive ivi situate (ossia: Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna);
  2. che non hanno sede legale o unità produttiva od operativa in dette regioni, limitatamente ai lavoratori in forza residenti o domiciliati nelle predette regioni;

per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle norme in materia di sospensione o riduzione di orario, in costanza di rapporto di lavoro, possono riconoscere, per i soli casi di accertato pregiudizio, in conseguenza delle ordinanze del Ministero della salute, d’intesa con le regioni, e previo accordo con le OO.SS. comparativamente più rappresentative, trattamenti di CIGD, per la durata della sospensione del rapporto di lavoro e comunque per un periodo massimo di 1 mese e fino a un importo massimo, per il 2020, di 135 milioni di euro per la Lombardia, 40 milioni per il Veneto e 25 milioni per l’Emilia-Romagna. Ai lavoratori è assicurata la contribuzione figurativa. La prestazione, per i lavoratori del settore agricolo, per le ore di riduzione o sospensione dell’attività, nei limiti ivi previsti, non può essere equiparata a lavoro per il calcolo delle prestazioni di disoccupazione agricola.

Il trattamento di CIGD è riconosciuto nel limite massimo di 1 mese a decorrere dal 23 febbraio 2020, per i soli dipendenti in forza alla stessa data.

Tali trattamenti sono concessi con decreto delle regioni interessate, da trasmettere all’Inps in modalità telematica entro 48 ore dall’adozione. Le regioni, insieme al decreto di concessione, inviano la lista dei beneficiari all’Inps, che eroga la prestazione, previa verifica del rispetto dei limiti di spesa. Le domande sono presentate alla regione, che le istruisce secondo il loro ordine cronologico di presentazione. L’Inps monitora il rispetto del limite di spesa, informando il Ministero del lavoro e le regioni interessate: se esso è raggiunto, le regioni non possono emettere altri provvedimenti concessori. Infine, il trattamento può essere concesso solo con la modalità di pagamento diretto della prestazione da parte dell’Inps, applicando la disciplina di cui all’art. 44, co. 6-ter, del D.Lgs. n. 148/2015 (cfr. il paragrafo precedente).

A cura di Alberto Bosco – Esperto di diritto del lavoro, Giuslavorista, Pubblicista de Il Sole24Ore. Consulente aziendale e formatore.


Fonte: Sistemiamo l’Italia

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