Gli indici di allertanella prevenzione della crisi d’impresa

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L’articolo 13 del D. Lgs n. 14 del 12 gennaio 2019 ha introdotto grandi cambiamenti in una gestione aziendale che deve essere improntata al “benessere” economico e finanziario. Nello specifico, l’articolo individua un insieme di indicatori significativi, in grado di evidenziare tempestivamente situazioni di criticità dell’impresa, prevenendo la crisi, permettendo interventi correttivi ed evitando, pertanto, l’insolvenza irreversibile dell’impresa. La finalità è quella di offrire alle imprese sane, seppur in difficoltà finanziaria, una seconda opportunità, mediante misure di ristrutturazione preventiva.

Nello specifico, ai sensi del primo comma dell’art. 13, “costituiscono indicatori di crisi, gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio attività, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o, quando la durata residua dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, per i sei mesi successivi”. Alla luce di ciò, a titolo esemplificativo, sono considerati indici significativi quelli che rilevano la sostenibilità degli oneri di indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare, ovvero quelli che mettono in evidenza l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi, in un’ottica di autofinanziamento dell’impresa.

Sono altresì sintomatici di crisi, richiamati dall’art. 13 ed evidenziati dell’art. 24 del D. Lgs n. 14/2019, i ripetuti ritardi nei pagamenti dei seguenti debiti:

  • debiti per retribuzioni scaduti da almeno sessanta giorni per un ammontare pari ad oltre la metà dell’ammontare complessivo delle retribuzioni;
  • debiti verso fornitori scaduti da almeno centoventi giorni per un ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;

E’, tuttavia, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, l’organo deputato alla concreta elaborazione, con cadenza triennale e con specifico riferimento ad ogni tipologia di attività economica secondo le classificazioni I.S.T.A.T., degli indici di allerta, sottoposti all’approvazione del MISE, in grado di rilevare tempestivamente e in maniera più agevole i primi segnali di malessere di un’impresa. Nello specifico, sulla base della bozza del documento sugli indici di allerta predisposto dal CNDCEC, sarà un sistema gerarchico di indici a far presumere in maniera ragionevole la sussistenza di elementi di crisi.

Tuttavia, preme sottolineare che, la valutazione degli indicatori e dei relativi indici rappresenta un momento particolarmente delicato della nuova legge fallimentare, in quanto una lettura poco critica e non unitaria degli indizi di crisi potrebbe attivare un numero troppo elevato di segnalazioni di allerta. In tal senso, al terzo comma dell’art. 13, si disciplina che << L’impresa che non ritenga adeguati, in considerazione delle proprie caratteristiche, gli indici elaborati a norma del comma 2 ne specifica le ragioni nella nota integrativa al bilancio di esercizio e indica, nella medesima nota, gli indici idonei a far ragionevolmente presumere la sussistenza del suo stato di crisi>>.

Dalle prime indiscrezioni, il CNDCEC propone due differenti step per l’applicazione degli indici, segnalatori di crisi, suddivisi ciascuno in livelli, da leggere seguendo un iter logico che ne permetta una valutazione congiunta, omogenea e, pertanto, unitaria.

Il primo raggruppamento, già in parte identificato dal legislatore nel primo comma dell’art. 13 e applicabile indistintamente a tutte le imprese, annovera:

  1. la determinazione del Patrimonio netto negativo;
  2. il calcolo del Debt service coverage ratio (Dscr).

Per il suo calcolo possono essere seguiti due metodi alternativi:

  • il metodo fondato sulla redazione da parte dell’impresa di un budget di tesoreria in grado di mettere in evidenza le entrate e le uscite di disponibilità liquide, attese nei successivi sei mesi;
  • il metodo basato sul calcolo del rapporto tra i flussi di cassa complessivi liberi al servizio del debito attesi nei sei mesi successivi, e i flussi necessari per rimborsare il debito non operativo e con scadenza sempre negli stessi sei mesi.

La scelta di un metodo piuttosto che di un altro spetta agli organi di controllo, sulla base della qualità e affidabilità dei relativi flussi informativi.

ll secondo step, con valori soglia differenti a seconda del settore economico di riferimento, abbraccia cinque indici:

  1. Indice di sostenibilità degli oneri finanziari:
    Oneri Finanziari
    Fatturato
  2. Indice di adeguatezza patrimoniale:
    Patrimonio Netto
    Debiti totali dell’impresa
  3. Indice di ritorno liquido dell’attivo:
    Cash Flow
    Totale attivo
  4. Indice di liquidità:
    Totale Attività
    Debiti a breve termine
  5. Indice di indebitamento previdenziale o tributario:
    Debito previdenziale o tributario
    Totale attivo

Seguendo la gerarchia tratteggiata pocanzi, l’applicazione degli indici e, pertanto l’accertamento dello stato di crisi, avverrà sulla base dello schema riportato di seguito:

In sostanza, occorre valutare primariamente il patrimonio netto; se è positivo si procederà con la valutazione dell’Indice Debt Service Coverage Ratio, e se anche quest’ultimo risulterà positivo, allora verrà bocciata l’ipotesi di presunzione dello stato di crisi. Contrariamente, invece, se il patrimonio netto è negativo, ovvero anche l’indice DSCR risulta negativo, sarà riscontrata la sussistenza di una situazione di crisi.

Infine, qualora il patrimonio netto risultasse positivo, ma l’indice DSCR risultasse inattendibile o non disponibile, si procederà con l’esame dei cinque indici di settore. Solo nel caso in cui venissero superate unitariamente tutte le soglie, allora si avallerà l’ipotesi di esistenza di segnali di crisi.

Di seguito il dettaglio dei livelli soglia proposti dal CNDCEC e distinti per settore:

Settore Oneri finanziari/ Ricavi % Patrimonio netto/ Debiti totali % Liquidità a breve termine (Attività a breve/ Passività a breve) % Cash Flow/ Attivo % Indebitamento previdenziale-tributario/ Attivo %

Agricoltura, silvicoltura
e pesca

2,8

9,4

92,1

0,3

5,6

Estrazione, manifattura, produzione energia/gas

3,0

7,6

93,7

0,5

4,9

Forn. Acqua reti fognarie, rifiuti, trasm. Energia/gas

2,6

6,7

84,2

1,9

6,5

Costruzione
di edifici

3,8

4,9

108,0

0,4

3,8

Ingegneria civile, costr. Specializzate

2,8

5,3

101,3

1,4

5,3

Comm. Ingrosso e dett. Autoveicoli, comm. Ingrosso, distrib. Energia/gas

2,1

6,3

101,4

0,6

2,9

Comm. Dettaglio, bar
e ristoranti

1,5

4,2

89,8

1,0

7,8

Trasporto e magazzinaggio, Hotel

1,5

4,1

86,0

1,4

10,2

Servizi
alle imprese

1,8

5,2

95,4

1,7

11,9

Servizi
alle persone

2,7

2,3

69,8

0,5

14,6

Lo scopo del sistema così implementato, come già accennato in precedenza, è quello di restringere il campo di applicazione della procedura di allerta, riducendo, in tal modo, il numero di segnalazioni per quelle imprese che non possono essere considerate in stato di crisi.

Giungendo alla conclusione, la procedura di allerta implementata dalla nuova riforma sulla crisi d’impresa, sembrerebbe porre le basi per un nuovo modus operandi per la gestione di un’attività imprenditoriale. Tuttavia, preme precisare che, il sistema di indici di allerta elaborato dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, ai sensi del secondo comma dell’art. 13 del D. Lgs n. 14/2019, è subordinato rispetto agli assetti organizzativi di un’impresa, al suo generale sistema di controllo e alla prioritaria verifica della prospettiva di continuità aziendale. Secondo il CNDCEC, infatti, gli indici di allerta costituiscono sì segnali di crisi, ma non bastano, da soli, a far ritenere fondato uno stato di crisi.

A cura di Nicola Lucido – Dottore Commercialista in Pescara, Dottore di ricerca in Economia Aziendale, Ricercatore area aziendale Fondazione Nazionale dei Commercialisti.


Fonte: Sistemiamo l’Italia

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