Gli strumenti per la prevenzione dello stato di crisi

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Dalla lettura della Relazione Illustrativa al D.L. n. 14/2019 emerge come tra i principali obiettivi della raccomandazione n. 2014/135/UE vi è quello di “consentire alle imprese sane in difficoltà finanziaria di ristrutturarsi in una fase precoce, per evitare l’insolvenza e proseguire l’attività”, ed ancora che “L’importanza di questo obiettivo è molto evidente poiché le possibilità di salvaguardare i valori di un’impresa in difficoltà sono direttamente proporzionali alla tempestività dell’intervento risanatore […]”. 

A
supporto della tempestiva rilevazione di una condizione di inadeguata
continuità e di potenziale insolvenza, ci potrebbero essere una serie di
strumenti, ovvero di attività, con cui monitorare e prevenire le condizioni di
squilibrio reddituale, patrimoniale e finanziario. Si tratta di strumenti che,
in un certo qual modo, vanno a completamento di quanto richiesto dall’art. 13
del D.L. 14/2019 in tema di indicatori di allerta.

Tra
gli strumenti, ricordiamo:

  1. l’analisi
    di bilancio;
  2. il
    rendiconto finanziario:
  3. il
    piano finanziario per la definizione del fabbisogno finanziario;
  4. la
    posizione finanziaria netta;
  5. il
    controllo di gestione;
  6. la
    predisposizione del budget di esercizio e l’analisi degli scostamenti
    (reporting).

L’analisi
di bilancio
rappresenta uno strumento di diagnosi dello stato di crisi
d’impresa, in quanto agevola la lettura e l’interpretazione delle performance
aziendali, alla luce delle scelte passate fatte dal management e, allo stesso
tempo, costituisce uno strumento che, in un’ottica previsionale, fornisce
elementi conoscitivi indispensabili per comprendere le potenzialità reddituali
e finanziarie da cui è possibile ripartire. 

Il rendiconto finanziario è uno strumento che esprime la capacità finanziaria dell’impresa, intendendo per tale i flussi che garantiscono la copertura degli impieghi finanziari (aumenti di attività o investimenti e riduzione delle passività o finanziamenti) attraverso le fonti di finanziamento (aumento di passività e patrimonio netto e riduzione di attività o investimenti). Grazie al rendiconto finanziario si è nelle condizioni di comprendere se i flussi di cassa prodotti dall’impresa (cash flow), derivino dalla gestione reddituale operativa o extra-operativa. Il tutto alla luce di quanto richiesto nella determinazione del DSCR o dell’indice di redditività ricompreso tra gli indici di allerta.

L’analisi del fabbisogno finanziario è correlata al susseguirsi nel tempo dell’andamento dei flussi di entrate monetarie, relativamente ai ricavi di vendita, ed alla sequenza delle uscite, con riferimento ai costi di gestione. L’indagine sul fabbisogno finanziario può riguardare due differenti prospettive: di tipo quantitativo e di tipo qualitativo. Secondo l’approccio quantitativo, il fabbisogno finanziario è riferito ad un determinato istante e coincide con la composizione dell’attivo dello stato patrimoniale, con cui si identificano i mezzi finanziari investiti in azienda. Quest’ultimi devono essere rapportati all’entità delle risorse acquisite, al fine di verificare se le medesime siano sufficienti a coprire gli investimenti in essere. L’analisi sul fabbisogno finanziario di tipo qualitativo è invece da intendersi come la giusta sincronizzazione, in termini di durata, tra gli afflussi ed i deflussi di mezzi finanziari. La regolarizzazione e la correlazione tra le fonti di finanziamento e gli investimenti riduce la possibilità che si possano manifestare condizioni di squilibrio finanziario e quindi di insolvenza dell’impresa.

Lo
studio sull’analisi finanziaria può essere approfondito facendo ricorso allo
strumento della posizione finanziaria netta. Essa è rappresentativa della somma
algebrica tra grandezze finanziarie, siano esse di breve o di medio-lungo
periodo. Con la posizione finanziaria netta si vuole depurare l’attivo corrente
ed il passivo corrente, così come l’attivo fisso ed il passivo fisso, di tutte
quelle componenti riconducibili alla gestione operativa dell’impresa, al fine
di soffermarsi sulle attività e passività specificatamente finanziarie. Si
tratta, quindi, di comprendere come gli investimenti finanziari, per loro
naturale collocazione, più facilmente liquidabili, possano assicurare il pagamento
dei debiti finanziari ed eventualmente, in via residuale, essere reimmessi nel
circuito monetario aziendale a copertura degli altri debiti.

Il
controllo
di gestione
è considerato un sistema tramite il quale il management è
in grado di monitorare lo svolgimento della gestione nel rispetto
dell’equilibrio economico, patrimoniale e finanziario. L’obiettivo ultimo del
controllo di gestione è sicuramente quello di rappresentare in modo chiaro la
performance aziendale in tutte le sue variabili, oltreché ricostruire un quadro
piuttosto fedele delle risorse materiali, immateriali ed umane che hanno
contribuito maggiormente al raggiungimento di determinati obiettivi e
strategie, nel breve, medio e lungo periodo. Il controllo di gestione
favorisce, quindi, una costante verifica della continuità dell’impresa, ovvero
dei fattori che garantiscono un’adeguata redditività aziendale. La redditività
è la fonte dei flussi finanziari dell’impresa. 

Per concludere, in un’ottica
previsionale la predisposizione del budget
di esercizio e l’analisi degli scostamenti (reporting)
. Il budget è un
documento contabile con cui si procede alla programmazione dei ricavi e dei
costi (budget economico), degli impieghi e delle fonti (budget patrimoniale) e
delle entrate e delle uscite (budget di cassa). In tal senso, il principio
della continuità acquisisce un differente significato, poiché può essere
indagato in fase previsionale, e non solo a consuntivo. Con il reporting si ha
la possibilità, con frequenza infrannuale, di verificare se ed in che modo le
previsioni sono in linea con quanto rilevato a consuntivo e, quindi,
intervenire per ripristinare l’equilibrio reddituale e/o patrimoniale e/o
finanziario dell’impresa.

A cura di Nicola Lucido – Dottore Commercialista in Pescara, Dottore di ricerca in Economia Aziendale, Ricercatore area aziendale Fondazione Nazionale dei Commercialisti.


Fonte: Sistemiamo l’Italia

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