La verifica
trimestrale della continuità aziendale
Seppur non costituiscano un motivo di “automatico” e “fondato” indizio di crisi, gli indici proposti nel documento del CNDCEC sono “segnali” rappresentativi di potenziale insolvenza dell’impresa. Nello specifico, il sistema degli indici di allerta, richiamato nell’art. 13, co. 2, costituisce un modello di tipo gerarchico che, attraverso una lettura combinata dei risultati, favorisce la valutazione unitaria sullo stato di insolvenza dell’impresa.
Lo stesso documento, al paragrafo 6.2, suggerisce di
procedere al conteggio degli indici con una cadenza trimestrale, da cui la
necessità di avere una situazione patrimoniale e reddituale infrannuale
aggiornata.
A questo proposito, l’OIC 30, rubricato “I bilanci intermedi”, offre una serie di indicazioni sulla redazione delle situazioni infrannuali che, nel caso specifico del codice della crisi, dovrebbero essere approvate dall’organo assembleare o, in alternativa, “da parte dell’organo amministrativo, in mancanza, del responsabile delle scritture contabili” [1] .
L’OIC 30 e i bilanci
intermedi
L’OIC 30 cura la redazione di bilanci intermedi in conformità a quanto indicato anche dagli IAS 34.
La redazione dei bilanci intermedi può essere
richiesta nei seguenti casi:
- al verificarsi di eventi eccezionali espressamente
indicati nel codice civile; - per un’esigenza informativa di natura interna;
- per un’adeguata conoscenza, da parte dei terzi,
sull’andamento economico, patrimoniale e finanziario in corso d’anno
dell’impresa.
I bilanci intermedi sono bilanci straordinari, che possiamo distinguere in obbligatori, se previsti dalla legge, o facoltativi/volontari, quando redatti dal management per una particolare esigenza informativa.
Nello specifico, sono considerati obbligatori, i
bilanci intermedi redatti in funzione delle seguenti operazioni:
- riduzione del capitale sociale per perdite;
- riduzione del capitale sociale;
- emissione di un prestito obbligazionario;
- distribuzione di acconti su dividendi;
- aumento gratuito del capitale sociale mediante
imputazione di riserve; - acquisto di azioni proprie;
- delibere di fusione e scissione.
Ne consegue che, qualora ci trovassimo di fronte ad una differente ipotesi, rispetto a quelle sopra citate, il bilancio intermedio può essere classificato come facoltativo o volontario.
Ad
onor del vero, facendo richiamo alla necessità correlata all’obbligo di
determinazione della situazione reddituale e patrimoniale richiamata dall’art.
13 del codice della crisi, il bilancio intermedio, in tale circostanza potrebbe
essere considerato, seppur non obbligatorio, comunque opportuno. Non fosse per
altro che il presupposto della continuità aziendale, elemento fondamentale nel
codice della crisi, è esaminato in una delle casistiche per cui il bilancio
intermedio è obbligatorio, ovvero al paragrafo 2.2 dell’OIC 30 rubricato “Riduzione del capitale sociale per perdite”.
Pertanto, il bilancio intermedio diventa un documento sicuramente obbligatorio,
nel caso in cui, nel rispetto della “gerarchia” proposta per gli indici di
allerta, il patrimonio netto risulti negativo.
Con riferimento alla redazione dei bilanci intermedi, anche ad uso esterno pensando alla segnalazione di soggetti esterni nel codice della crisi (ex artt. 14 e 15), è previsto che si rispettino le regole di redazione dei bilanci ordinari a partire da quanto normato all’art. 2423 del c.c., ovvero “il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio”. Affinché ciò avvenga occorre che, la redazione del bilancio intermedio nel rispetto della normativa codicistica, a cui si affiancano le indicazioni contabili espresse dai principi nazionali[2], si abbia considerando il postulato della competenza economica riferita ad uno specifico periodo (discrete method)[3].
Qualora
nel dettaglio valutativo delle poste di bilancio non si seguissero le
disposizioni di natura civilistiche e contabili, è consigliabile non denominare
il medesimo documento come “Bilancio di
esercizio intermedio”, bensì come, ad esempio, “Relazione trimestrale”, “Prospetto
contabile trimestrale”, “Situazione
patrimoniale trimestrale”, ecc..
La rappresentazione
dei bilanci intermedi
Nel caso in cui si dovessero seguire le regole formali
di redazione dei bilanci di esercizio intermedi, i documenti che devono essere
redatti sono:
- il prospetto dello stato patrimoniale, previsto
dall’art. 2424 c.c., indicando almeno le voci precedute dai numeri romani; - il prospetto del conto economico, previsto
dall’art. 2425 c.c., in cui riportare almeno le voci precedute dai numeri
arabi; - la nota illustrativa, il cui contenuto è
sicuramente ridotto rispetto a quello della nota integrativa, dovendo fornire
informazioni solo sulle poste di bilancio che si ritengono più importanti,
senza tralasciare eventuali fatti di gestione che è giusto vengano portate
all’attenzione del lettore finale.
Inoltre,
qualora si optasse per la rappresentazione di voci aggregate indicando, per lo
stato patrimoniale, le sole poste con numeri romani e, per il conto economico,
quelle con i numeri arabi, necessita che il documento non perda di efficacia
informativa e che, in un’ottica di comparabilità, non si modifichino i
componenti ricompresi negli aggregati riferiti ai periodi intermedi. Infine, si
ritiene opportuno, qualora si scegliesse la via dell’aggregazione delle voci, che
la nota illustrativa venga arricchita di informazioni, tali da mettere il terzo
nelle condizioni di avere un quadro chiaro e veritiero sull’andamento
reddituale, patrimoniale e finanziario dell’impresa.
[1] In tal senso si è espresso il CNDCEC nel documento sugli indici di allerta.
[2] Fa eccezione il solo OIC 29 rubricato “Cambiamenti di principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzione di errori, fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio”, in quanto più specificatamente riferito alla chiusura del bilancio ordinario.
[3] Nel nostro caso il trimestre.
Fonte: Sistemiamo l’Italia